martedì 23 ottobre 2007

Point blank, ogni tanto....ricordi

Mutevole è il valore dei momenti, tanto che una morte sparisce sotto una stella, di fronte a un santino, sotto la pioggia che se ne sbatte immersa nel suo allegro grigiore. Chi lo sa quanto valgono i protagonisti di Sunshine che guardano mercurio stagliarsi controsole o uno stordito Murray che vaga in macchina nella tokyo cosi umana e cosi aliena, magico e assurdo parco divertimenti costruito per pochi che probabilmente mai la vivranno. E' solo stupido l'omino di Morrowind che si immerge nella bufera? Non vale forse quanto la luce del sole che taglia la valle in montagna, o quanto la mano di mio padre, cosi enorme, che stringe il primo porcino mai visto. Senza un briciolo di ingenuità vengo catturato ogni volta che vedo le luci delle macchine alle 5 pm, d'inverno, così brillanti che pare d'essere in un esperimento cg. Sulla grande nave stracarica, titanica, inaffondabile, non mi ero neppure accorto dei parenti accanto a me ma il salvagente rosso l'avevo visto e mi sembrava cosi sciocco che una cosa più grande del mare avesse paura d'affondare. Più brevi sono stati i sussulti in bici per Grenoble, la notte, con quei marciapiedi giganti davanti a case cosi piccine, abbastanza grandi da azzoppare Diego e disintegrare la bici nuova di Marie. Momenti che hanno dato battaglia alle onde di piacere che seguono ogni cavaliere inghiottito dal tramonto, che corrono lungo una spada che brilla di luce propria, onde che mi colgono seduto ad una tavola imbandita con quelle risate che ti fan sempre credere che al mondo in fondo non sei solo, anche a ferragosto, e tre salami, la birra, lo share, la prima notte su internet a fare refresh sul fottuto meteo. Urbino di notte con la nebbia, quando la città sembra tutta tua, ninja imbacuccato e con quel freddo sogni la cioccolata calda tutti assieme a Firenze, la maledetta pizza col parmigiano e le acciughe di Pisa e quel maledetto sorriso triste di chi ti ha capito ma non può sorreggerti, quel sorriso pieno di denti che diventa un morso. E poi il meglio del meglio, tutte le volte che m'hanno detto genio finchè poi non hanno cominciato a farlo a vanvera, giusto perchè facevo l'imbecille ragionato. Ah la prima riunione, che bevuta di vita, di caffè e di vino alla cena di lavoro. Il futuro, i progetti, il passato, i racconti, le vergogne che diventano vanti, i vanti che diventano stupidaggini e poi tutti sdraiati sul monte di notte, lungo la strada che fuori non si vedeva niente, per una stella cadente che quasi nessuno ha visto.
Di nuovo stupido marmocchio a guardar le Cento Croci dall'alto, completamente perso, all'improvviso una lucina nel buio tanto inaspettata che ho guardato se vicino a me c'era Gretel, invece c'era Dario che chiamava la mamma, grande e grosso com'era, instillandomi vampate di terrore.
Impossibile scordare la signora Gistri con quel dannato televisore e tutte quelle cicche spente in ogni dove. Aveva più rughe che la luna e la stessa facciona tonda, ma quegli occhi stretti e luminosi erano quelli d'una spia internazionale che non dimentica nulla, men che meno le carte che girano a scopone.
Io, vile ombra di un Rutger Hauer che non è mai esistito, subisco indegnamente il pensiero non di ciò che è lontano, non delle stelle o dei raggi gamma, non di sogni proibiti o illusioni celesti, ma di quello che ci coglie semplicemente voltati altrove, di quello che ci accade accanto senza per questo esistere più di qualcosa che non è mai stato. E' quasi peggio che fingere disinteresse per vigliaccheria.

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